Sara Rossi
'Utrecht 2003' Riporto fotografico, acquaforte e acquatinta su ottone Lastre 300x200 mm (tre battute) Foglio 330x230 mm PdS (Stampata con i torchi di Daniele Upiglio) 2011 Sara Rossi �Note� Acquaforte e puntasecca su ottone Serie di 6 lastre 85x65 mm stampe 160x160 mm PdA (Stampate con i torchi di Daniele Upiglio) 2011 Una fotografia � associata alla morte di una donna, alle sue gambe, ai suoi piedi. Lo spirito degli antenati sembra vigilare su un�azione appena accaduta, davanti all'occhio meccanico di una camera distratta. Ogni piccola morte � una potenziale resurrezione, una rinascita. E questa rivelazione � tragica e buffa. Fissare una fotografia digitale su un supporto stabile (metallico), � restituirle il suo negativo, il suo non essere ancora o non essere pi�, o ancora non essere solo quella singola immagine, ma tutte le immagini che l'hanno preceduta e che la seguiranno. La fotografia � la macchina della verit� (riflessione avviata dall�invito al libro/progetto Lie-detector promosso da HC) poich� nel tentativo di sfuggire �alla perdita e al seppellimento� rivela, per negazione, la coscienza della perdita degli istanti che non vengono 'fotografati'. Sono piccole morti invisibili e restano latenti, nascoste dentro l�unica immagine. Questa fissit�, questa astrazione torna ad essere discussa, ribaltata, riflessa e sdoppiata e cos� rivelando il proprio fondo di menzogna, di costruzione. Cosa resta della cosa, del soggetto? Fissare l'immagine per farla resistere al flusso del vago e dell�indefinibile, del non dato e certo, � stata una 'fissazione' dei pionieri della fotografia (1). Sara Rossi (1) �Ma la fotografia avviene nell�aperto (che � anche questa infinita potenzialit� descritta da Talbot) facendovi qualcosa di finito: l�immagine latente, giungendo, cancella per un istante tutte le altre immagini, si suggella nella sua stessa venuta, unica e definitiva: data l�infinita possibilit� di immaginamento, ogni immagine che viene � come uno schiudersi precluso, un ritaglio strettamente e precisamente finito, una finitura. La grande questione che ossession� la ricerca proto-fotografica fu per molto tempo quella del fissativo: occorreva non soltanto raccogliere ma conservare, non solo cogliere ma fissare. Fissare, si ricordi, � prima di tutto guardare secondo un�angolazione unica, guardare fissamente, essere nella fissit�, ma significa anche inscriversi nel regime della fissazione, passare dall�effimero e dal passeggero al regime di ci� che resta, di ci� che si tiene. Questa tenuta o questo tenere che manc� cos� crudelmente a Narciso, la fotografia finir� con l�ottenerlo senza fatica, e non � pi� lo stesso mondo quello dove tutto pu� essere trattenuto, dove tutto pu� sfuggire in qualsiasi momento alla perdita e al seppellimento�. Jean-Chrisophe Bailly, L�istante e la sua ombra, Bruno Mondadori editore, Milano Torino 2010 (traduzione dal francese di Elio Grazioli) Pag 42 � 43 |
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